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La parola contribuzione si riferisce di solito al tributo, ossia al denaro da versare all’ente pubblico per conseguire gli obiettivi collettivi. Nella Costituzione della Repubblica la parola è richiamata nell’espressione di capacità contributiva: ognuno è tenuto a concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva. Ma noi andiamo oltre, mettendo in luce lo spettro più ampio a cui riferire la parola. Come in tutte le parole di derivazione latina il suffisso “con” indica pluralità, partecipazione, unione, collegamento, insieme: il superamento dell’uno. Il resto della parola si riferisce all’etimo di tribù. Dunque la contribuzione richiama un duplice movimento collettivo: dare insieme per degli obiettivi di un insieme umano. È contributore chi partecipa ad un’opera collettiva perché parte di un insieme perché sa che alcuni obiettivi si conseguono solo insieme. La contribuzione è una condotta individuale e coordinata che dà luogo ad una condotta collettiva per conseguire obiettivi e beni comuni. Tra gli esiti, per esempio, citiamo il benessere sociale, l’ambiente, la sicurezza, la bellezza, la memoria, il dibattito pubblico, il rispetto: tutti beni che richiedono una contribuzione individuale ma sono pensabili, progettabili, usabili per l’utilità sia individuale sia collettiva.
La Dottrina sociale della Chiesa richiama un principio utile al nostro ragionamento che, non a caso, definisce anche attraverso la contribuzione: la destinazione universale dei beni comporta uno sforzo comune teso ad ottenere per ogni persona e per tutti i popoli le condizioni necessarie allo sviluppo integrale, così che tutti possano contribuire alla promozione di un mondo più umano. Perché il processo funzioni bene sono necessarie delle attenzioni. È importante che tutti partecipino in modo leale. Per questo serve una consistenza motivazionale della contribuzione che – ad esempio – può derivare da un’idea condivisa di futuro. Senza un approdo convincente e condiviso vengono meno il desiderio e la volontà di contribuire. Se le persone sono motivate, allora la contribuzione crea sviluppo, progresso, generatività e tutti sentono l’importanza di non far mancare il proprio contributo. È possibile generare una sorta di orgoglio di contribuzione? Sì, premiando i comportamenti contributivi e, parallelamente, screditando le condotte antisociali da free rider, da “furbetto”, da chi usa senza contribuire o addirittura abusa. Alcune cose sono così fragili e instabili – si pensi all’ambiente o alla memoria collettiva – che è necessario attivare dispositivi di regolazione, affinché nessuno non possa (o sia limitato a) abusare, inquinare, violare, usare in modo inappropriato, sporcare, sperperare il patrimonio comune della contribuzione.
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Per capire meglio la contribuzione è utile provare a declinare questi concetti nei processi concreti. Ne prendiamo due, come l’economia e l’informazione. In economia è utile osservare gli esiti sociali: l’aumento della forbice tra più ricchi e più poveri dice già molto di un modello economico imperfetto, che produce diseguaglianze eccessive. Il rapporto tra Stato e mercato non è sempre equilibrato e, tra l’altro, i soggetti in sé vanno oggi riformati o ripensati, altrimenti continuerà a dominare l’indiscussa legge del profitto. La libertà è un valore da coltivare, non è la rimozione di un freno, altrimenti rischia di giustificare ogni uso e abuso. Le crisi economiche e finanziarie dicono infatti di una violenza dei processi economici e finanziari che diventano inevitabili amplificatori di povertà e diseguaglianza. Il Terzo settore, che modifica il rapporto tra pubblico e privato, ha oggi un ruolo marginale. Nell’informazione il quadro non è troppo differente. Un concetto non sempre sano di libertà porta al prevalere di una informazione strumentale incapace di formare la persona (anzi, assistiamo ad una sorta di “ignoranza di ritorno”) e quindi di trasformare in meglio le comunità. Domina il lato irrazionale ed emotivo dell’informazione. Spesso il dibattito pubblico è occupato da pochi soggetti capaci di monopolizzare e manipolare l’attenzione.
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Come può essere utile, allora, l’idea della contribuzione? In economia la contribuzione prevede uno scenario dove la partecipazione di più soggetti – piccoli o grandi – avviene secondo la logica di un pluralismo che condivide un quadro di principi e di priorità. I soggetti entrano in gioco partecipando grazie alla loro competenza, al loro talento, alla loro missione e produzione, attivando scambi e partnership di co-progettazione, di co-amministrazione, di co-gestione. Serve allestire un contesto basato su trame e scambi di contributi che non si connotano per la logica win-lose ma per la logica win-win. Lo Stato o l’ente locale non determinano verticismi semmai orizzontalità: sono tra gli attori in campo capaci di contribuire – in modo poliarchico – al processo sociale perché producono norme, regole finalizzate a garantire pluralismo, inclusione, innovazione, uguaglianza, pari opportunità, risposte più coerenti ed efficaci verso gli obiettivi posti, flessibilità.
Un’economia contributiva è più integrata e meno soggetta a crisi profonde, perché le crisi sono spesso determinate da abusi finalizzati alla premialità individuale.
Il paradigma economico in cui viviamo massimizza il profitto individuale: il paradigma economico verso il quale camminare integra le contribuzioni di diversi soggetti generando inclusione sociale, come dimostrano le esperienze dell’economia circolare, civile, di comunione, solidale e circolare. Il paradigma economico in cui viviamo è competitivo e diffidente verso la generosità delle persone: il paradigma economico che vogliamo costruire prevede sia la competizione sia la cooperazione in un clima di reciproca fiducia e libertà. In sostanza alla produzione di capitale economico e finanziario si affianca sempre la produzione di capitale umano. Non si danno esperienze dove i “due capitali” siano scissi: non solo per motivi etici, ma di tenuta complessiva. Alla fine è la qualità delle relazioni che dà luogo ad una società più conviviale: la dissipazione e lo spreco possono lasciare spazio alla sobrietà, alla giusta misura, alla circolarità, all’integrazione. Senza forme agite di collaborazione contributiva è difficile far fronte alle grandi sfide che il mondo ha di fronte, a partire da quella ambientale. Lo stesso potremmo dire qualora decidessimo di osservare un processo di particolare valore culturale quale l’informazione.
Anche qui dovremmo osservare che il contributo che ciascuno può dare crea una dinamica utile e positiva per tutti, un dibattito pubblico aperto e veritiero perché fondato sulla razionalità degli argomenti, sulla collaborazione nella ricerca della verità delle informazioni, sul giusto uso delle parole. Anche in questo caso, accanto al capitale (in questo caso) culturale da produrre, è decisiva la formazione del capitale umano che produce e che genera educazione, formazione, innovazione, inclusione. Si pensi a quanto possa essere utile la diffusione delle tecnologie digitali, la disponibilità di prodotti open source e la disponibilità dell’Intelligenza Artificiale: il contributo di ognuno può dare luogo a processi culturali non standardizzati ma creativi, non falsi ma verificati per far crescere il capitale culturale e il capitale umano in uno scenario che, in realtà, è una architettura digitale molto sofisticata e avvolgente.
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Un’economia fondata sull’idea della contribuzione non divide il produttore dal consumatore in modo assoluto, anzi, la logica della reciprocità, della collaborazione, della relazionalità conduce a mescolare le posizioni, a stemperare i confini, a contaminare i ruoli. Un’informazione fondata sull’idea della contribuzione diffonde la conoscenza e dà una risposta al tema della falsità e dell’ignoranza, che sta tornando sotto altre spoglie. Soprattutto l’idea della contribuzione dà senso non esclusivamente funzionale alle relazioni sociali, economiche, culturali e tanto altro: il senso di appartenenza ad un’esperienza pubblica che si pone degli orizzonti grandi e condivisi. In questo senso riduce anche l’incertezza del futuro, perché esso è perseguito da un insieme di persone che ha dichiarato anche dei principi sui quali ispirare la propria azione, che crede come si vada verso un’età di maggiore connessione e dunque con la possibilità di una maggiore unità. Infine non possiamo non tenere presente che la contribuzione così intesa può anche essere considerata una declinazione della parola “solidarietà”, ossia di ciò che è “solido” inteso come integro, compatto, durevole, resistente e resiliente. Dunque potremmo anche affermare che la solidarietà è una contribuzione fiduciaria guidata da un principio dove a prevalere non è l’interesse del singolo ma dell’insieme, che non si impone dall’alto ma che si genera dal basso.
Per approfondire
Docente di Sociologia presso il Canossa Campus di Brescia, di cui è membro del comitato scientifico.
È altresì membro del comitato scientifico dell’EULO (Ente Universitario Lombardia Orientale).
Attualmente è Presidente del Consiglio comunale di Brescia ed è consigliere permanente del Consiglio nazionale delle ACLI, in quanto ha ricoperto la carica di Presidente nazionale dopo essere stato Presidente provinciale e responsabile dell’Ufficio studi.
È stato portavoce nazionale dell’Alleanza contro la povertà in Italia
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